Stefano Corti
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Usare immagini di assembramenti nelle telecabine in Svizzera (rarissime in Appennino) per sostenere strumentalmente la assurda tesi della necessità di mantenere chiusi gli impianti sciistici italiani è un pessimo modo di fare informazione. Organi di stampa, pubblicando le foto della stazione sciistica di Verbier, si prestano come spesso accade al gioco del Governo. Un Governo che con la scelta scellerata di chiudere le piste da sci per il periodo natalizio mette in ginocchio un settore che da tempo resiste con tenacia all'abbandono e alla progressiva desertificazione. Gli addetti del comparto avevano proposto un dialogo all'Esecutivo e si erano detti pronti a far rispettare responsabilmente qualunque regola anticontagio fosse stata decisa. Invece nulla. La sinistra radical-chic getta ancora una volta la croce sulle spalle di quei montanari che d'inverno lavorano agli impianti da sci, in primavera ed estate raccolgono funghi e frutti del sottobosco e in autunno usano la scure ed il sudore per produrre biomassa a chilometri zero tenendo puliti gli argini dei fiumi, sempre quando riescono a districarsi tra regole e scartoffie assurde. Facile fare gli intellettuali da salotto quando non devi fare tre lavori per presidiare una desertificata montagna. Ma la piena che travolge tutti, lavoratori e radical-chic, dovrebbe far volgere lo sguardo verso una desolata montagna. Ma sarà sempre troppo tardi

Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica va concesso un contributo a fondo perduto agli agenti di commercio. La richiesta è stata presentata con un emendamento ad hoc a mia firma e a firma dei colleghi Ferrero, Rivolta, Faggi, Tosato, Zuliani, Montani, Bagnai, Borghesi, Saviane, Siri. L'emendamento, che prevede un contributo pari a 10.000 euro per ciascun agente, nel limite complessivo massimo di 1.500 milioni di euro per l'anno 2020, mira a dare respiro a una delle categorie più colpite dai decreti anti-covid. La maggioranza se vuole dimostrare di essere vicina ai cittadini e alle imprese non solo a parole, dia un segnale chiaro e accolga questo emendamento

“Verificare gli aventi diritto al reddito di cittadinanza ed inserire chi lo percepisce in progetti di pubblica utilità. L'interrogazione presentata a Serramazzoni dal consigliere di opposizione Maria Chiara Venturelli rappresenta un passaggio chiave del lavoro che la Lega sta svolgendo sul territorio in questi mesi di emergenza sanitaria e verrà replicata anche in altri Comuni. Mentre il covid ha messo in ginocchio il popolo delle partite Iva, agli stessi lavoratori stremati che pagano le tasse si chiede di sostenere proprio con le proprie tasse il reddito di cittadinanza. Per tante di queste persone che ormai troppo spesso non arrivano alla fine del mese sarebbe forse più semplice chiudere, sedersi in poltrona e aspettare il reddito di cittadinanza. Ma la dignità e la voglia di contribuire al proprio paese è più forte. Per questo è doveroso che i percettori del reddito partecipino attivamente alla vita di comunità. Attendiamo dunque di sapere a Serramazzoni, come altrove, il numero dei controlli e delle verifiche anagrafiche svolte attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini Isee con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali atti a verificare dichiarazioni mendaci”. Così il senatore Lega Stefano Corti. “Vogliamo inoltre sapere se nel Comune sono già in essere i progetti, quali siano e i dati relativi ai beneficiari del reddito di cittadinanza - aggiunge la referente Lega per la Montagna, Simona Magnani -. Ricordo infatti che per legge i beneficiari del sussidio hanno l'obbligo di svolgere progetti di pubblica utilità. Un obbligo che i Comuni devono rendere effettivo e concreto”.  

 

Il divario digitale nelle aree montane e, in particolare, l'impossibilità da parte di molti residenti in montagna di accedere ai canali televisivi del servizio pubblico, rappresenta un problema concreto per chi vive sull'Appennino modenese. Per questo la Lega ha presentato un emendamento in Parlamento, che vede anche la mia firma oltre a quelle dei colleghi Ferrero, Rivolta, Fagi, Tosato, Zuliani, Montani, Bagnai, Boghesi, Saviane e Siri, per istituire presso il Ministero dello sviluppo economico un Fondo da 20 milioni di euro all'anno per tre anni per la realizzazione di investimenti nelle aree montane e soprattutto  per l'installazione di nuovi impianti radio-tv. Il sostegno alla montagna passa anche da questi aiuti concreti e dal rendere accessibile, e quantomeno decente, un servizio come quello televisivo, considerato normale per chi vive nelle altre zone del Paese. Da quando sono stato eletto in Senato ho sempre posto al centro la tutela dei diritti di chi coraggiosamente continua a resistere rendendo vivo il nostro Appennino. L'ascolto delle istanze dei cittadini della montagna passa anche dalla approvazione di emendamenti simili da parte di una maggioranza, e dal Pd in particolare, che ha riempito l'ultimo campagna elettorale di vuote promesse per lo sviluppo dell'Appennino

Quali sono i tempi dell’analisi sperimentale annunciata dall’Ausl di Modena per decidere la possibile riapertura del reparto di ostetricia all’ospedale di Pavullo? Sono già stati quantificati gli investimenti necessari alla ripresa dell’attività del Punto Nascite in termini di personale ed attrezzature? E ancora: questi investimenti per il Punto Nascite sono aggiuntivi rispetto a quelli che vennero previsti nel 2017 per l’ospedale di Pavullo in vista della riorganizzazione della rete ospedaliera del territorio provinciale oppure sono da considerarsi ricompresi in quella destinazione di risorse? Queste domande poste dal consigliere regionale della Lega Stefano Bargi in una recente interrogazione ripropongono con forza il tema della riapertura del Punto Nascite di Pavullo, una precisa promessa elettorale del presidente Bonaccini finora disattesa. Ad oggi l’idea della Regione sarebbe quella di realizzare a livello sperimentale e solo su base volontaria una prova per poter monitorare nel corso di un non meglio definito periodo, quante donne partoriranno a Pavullo, al fine poi di determinare la riapertura dei punti nascita confrontando i risultati ottenuti con quelli degli altri punti nascita riaperti e probabilmente con i dati storici degli stessi. Al di là della anomala e discutibile strada con cui si è scelto di procedere, va detto che i tempi di avvio di tale sperimentazione sono del tutto aleatori. Infatti, recentemente, Kyriakoula Petropolacus, direttrice dell'assessorato regionale alla Sanità ha spiegato come "le interlocuzioni con Ministero e Ausl per la riapertura sperimentale dei punti nascita di montagna a Pavullo, Porretta Terme, Borgo Val Taro e Castelnovo Monti abbiano subito un nuovo rallentamento a casa della riacutizzazione della diffusione del virus e come, considerato il momento di grande incertezza che stiamo attraversando, al momento sia difficile definire con certezza la data prevista per la riapertura di questi punti nascita". Nel frattempo le partorienti di Pavullo e dell’Appennino modenese sono costrette a percorrere numerosi chilometri di strada per rivolgersi all’ospedale di Sassuolo o al Policlinico di Modena. In barba alle promesse di Bonaccini

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