Stefano Corti
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Quali sono i tempi dell’analisi sperimentale annunciata dall’Ausl di Modena per decidere la possibile riapertura del reparto di ostetricia all’ospedale di Pavullo? Sono già stati quantificati gli investimenti necessari alla ripresa dell’attività del Punto Nascite in termini di personale ed attrezzature? E ancora: questi investimenti per il Punto Nascite sono aggiuntivi rispetto a quelli che vennero previsti nel 2017 per l’ospedale di Pavullo in vista della riorganizzazione della rete ospedaliera del territorio provinciale oppure sono da considerarsi ricompresi in quella destinazione di risorse? Queste domande poste dal consigliere regionale della Lega Stefano Bargi in una recente interrogazione ripropongono con forza il tema della riapertura del Punto Nascite di Pavullo, una precisa promessa elettorale del presidente Bonaccini finora disattesa. Ad oggi l’idea della Regione sarebbe quella di realizzare a livello sperimentale e solo su base volontaria una prova per poter monitorare nel corso di un non meglio definito periodo, quante donne partoriranno a Pavullo, al fine poi di determinare la riapertura dei punti nascita confrontando i risultati ottenuti con quelli degli altri punti nascita riaperti e probabilmente con i dati storici degli stessi. Al di là della anomala e discutibile strada con cui si è scelto di procedere, va detto che i tempi di avvio di tale sperimentazione sono del tutto aleatori. Infatti, recentemente, Kyriakoula Petropolacus, direttrice dell'assessorato regionale alla Sanità ha spiegato come "le interlocuzioni con Ministero e Ausl per la riapertura sperimentale dei punti nascita di montagna a Pavullo, Porretta Terme, Borgo Val Taro e Castelnovo Monti abbiano subito un nuovo rallentamento a casa della riacutizzazione della diffusione del virus e come, considerato il momento di grande incertezza che stiamo attraversando, al momento sia difficile definire con certezza la data prevista per la riapertura di questi punti nascita". Nel frattempo le partorienti di Pavullo e dell’Appennino modenese sono costrette a percorrere numerosi chilometri di strada per rivolgersi all’ospedale di Sassuolo o al Policlinico di Modena. In barba alle promesse di Bonaccini

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